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Per una riforma Inarcassa realmente equa

L’Associazione Ivaseipartita e il gruppo Inarcassa Insostenibile, hanno espresso forti preoccupazioni per la recente Riforma del Regolamento Generale di Previdenza di Inarcassa che ha modificato radicalmente le nostre pensioni.

Riteniamo che:

- Inarcassa abbia accettato senza alcuna trattativa l’obbligo imposto dal Governo Monti di dimostrare la sostenibilità a 50 anni in un momento di fortissima crisi e recessione dei redditi;

- i provvedimenti a favore dell’”equità” fra generazioni sono in realtà fortemente sbilanciati a favore degli iscritti più anziani già in pensione o prossimi al pensionamento;

- nel furore di “far quadrare i conti” si sono posti obblighi insostenibili come l’aumento dei contributi minimi da versare anche in assenza di reddito: una follia visto il periodo che stiamo vivendo, tanto più inspiegabile se pensiamo che col passaggio al contributivo, “tanto versi e tanto hai”, perciò potevano essere previsti meccanismi di aumento graduali e forme temporanee di sospensione della rata;

- questa riforma possa essere dannosa e controproducente per i suoi stessi fini: se molti iscritti si cancelleranno per l’impossibilità di versare il contributo minimo, come farà Inarcassa a far quadrare i conti?

 

Per questi motivi è stato predisposto un documento con cui vogliamo manifestare tutto il nostro fermo dissenso alla riforma e con cui chiediamo che Inarcassa inizi un nuovo e reale percorso di trasparenza, equità e ascolto con gli iscritti.

 

Perchè questo percorso inizi è necessario che questo dissenso sia manifestato in forma compatta ed essendo i più numerosi possibile:

vi invitiamo, per questo, a sottoscrivere il documento allegato a questo link

A non delegare più sulle decisioni che riguardano ormai non solo il nostro futuro, ma il nostro presente.

 

Spett.le  Presidente Inarcassa, Paola Muratorio

Spett.le  Vicepresidente Inarcassa, Giuseppe Santoro

Spett.le  Consiglio di Amministrazione Inarcassa

Spett.li  Delegati CND

 

Siamo vostri colleghi, architetti ed ingegneri, iscritti alla Cassa, che stanno condividendo una profonda preoccupazione riguardo la riforma dello statuto Inarcassa appena varata e da poco in vigore, soprattutto alla luce della situazione lavorativa degli ultimi tempi e degli altri obblighi professionali onerosi che verremo chiamati ad affrontare.

Premesso che riconosciamo nella riforma alcuni provvedimenti indispensabili e condivisibili, ci sembra però d’obbligo sottolineare quanto invece alcune scelte sostanziali vadano a discapito di una parte consistente degli iscritti a questa Cassa, cioè i più giovani e quelli con un fatturato medio-basso, rendendo il mantenimento dell’iscrizione insostenibile e negando una paritaria prospettiva pensionistica rispetto ai pensionati attuali e immediatamente prossimi.

Inarcassa è stata la prima cassa previdenziale professionale a varare la riforma accogliendo in modo subordinato,  senza alcuna dialettica, le direttive emanate dal governo. La sua riforma è stata giudicata “la più radicale tra quelle delle casse previdenziali”.

Crediamo che Inarcassa avrebbe dovuto propendere per una maggiore prudenza nello strutturare la riforma, ed avrebbe dovuto coinvolgere maggiormente gli iscritti per giudicarne le capacità reddituali, sia nel presente, che nel futuro, calandosi in maniera più reale nella situazione lavorativa attuale.

Inarcassa sostiene che non sia stato aumentato il carico contributivo; ciò è parzialmente vero: se le aliquote rimangono invariate, la contribuzione minima obbligatoria invece passa dai precedenti 2000 euro agli attuali 2900 euro circa, (circa 250 euro al mese) che dall’analisi delle indagini Inarcassa interessa circa il 35% degli iscritti Per i quali il contributo sarà  quindi aumentato di circa il 45%.

Potevano essere introdotti dei sistemi graduali di aumento di questi contributi, scaglionando negli anni il raggiungimento dell’aumento complessivo o  pensare di posticipare  nel tempo tale esborso, a maggior ragione proprio perchè la riforma prevede il passaggio al regime contributivo.

Viene previsto per i giovani contribuenti che iniziano il percorso professionale con il regime contributivo una riduzione importante della pensione maturata rispetto ad un equivalente contribuente retributivo, cosa già di per se poco equa, ma, a quanto pare, oggi necessaria. In pari misura non possono essere allora condivise le norme che consentono ai contribuenti prossimi alla pensione di poter usufruire da subito del trattamento previdenziale (in anticipo sui termini dei 65 anni, avendo raggiunto i 35 di contribuzione) con una riduzione dell’importo complessivo di pochi punti percentuali: se da una parte la riforma taglia pesantemente il trattamento pensionistico  ai più giovani e allunga l’età pensionabile, dall’altra si concede ai contribuenti più anziani un salvacondotto per garantire una pensione secondo il vecchio sistema (pensiamo alla frase sbandierata da Inarcassa “solidarietà ed equità tra le generazioni”). Non bastasse questo, si concede ai già pensionati di continuare ad esercitare la professione senza porre alcuna limitazione MA concedendo loro di lavorare pagando un contributo minimo (soggettivo e integrativo) ridotto del 50% rispetto agli iscritti.

Inoltre la retrocessione parziale del 4% del contributo integrativo, prevista nella misura massima del 50% per i più giovani, dovrebbe agevolare maggiormente i neo-iscritti consentendo un rientro maggiore di questa cifra nel monte previdenziale e dovrebbe demandare invece agli iscritti più anziani il recupero di una percentuale decisamente inferiore rispetto al 25% minimo stabilito.

Ancora, nei termini di un maggior equilibrio tra le vecchie e le nuove generazioni, la giusta introduzione del contributo di solidarietà straordinario e transitorio sarebbe potuta essere più incisiva e duratura, chiedendo uno sforzo maggiore a quei pensionati che hanno avuto il privilegio di godere di un sistema pensionistico su base retributiva, e il cui carico previdenziale è e sarà fortemente sostenuto dagli aumenti dei contributi delle giovani generazioni .

Tale riforma infatti arriva in un momento di grave crisi del settore dove, dal 2007 ad oggi, i liberi professionisti hanno visto calare il proprio reddito del 26% circa. Non possiamo accettare che in un momento drammatico come quello che il nostro paese sta vivendo, in cui 43 imprese al giorno chiudono per fallimento e in cui la nuova frontiera degli incarichi pubblici è il lavoro gratuito, ci venga detto che gli iscritti che fatturano meno dei minimi non sono “capaci” di trovare un lavoro che NON c’è o, ancora peggio, che sono incapaci di fare il loro mestiere e che quindi sono un peso per Inarcassa. Questa parte di iscritti andrebbe sostenuta con interventi mirati e non liquidata come incapace di affermarsi nel presente lavorativo; a tutt’oggi, risulta invece evidente che la riforma serve a garantire semmai i privilegi di chi è andato in pensione con il vecchio sistema retributivo.

La mancata considerazione nei confronti di questa consistente percentuale di iscritti assume per noi il significato di assenza di lungimiranza e disinteresse da parte di Inarcassa verso quelli che sono i suoi stessi principi fondativi.

La prospettiva che gli iscritti siano costretti a cancellarsi da Inarcassa chiudendo la partiva IVA per l’incapacità di sostenere lo sforzo economico richiesto è un pericolo concreto e una grave minaccia all’idea di crescita del “PIL di Inarcassa”: siamo sicuri che il 35% degli iscritti in meno, anche se dai redditi bassi, non creerebbe un problema alla tanto paventata sostenibilità della Cassa? Siete quindi in grado di valutare con certezza che questi stessi professionisti manterranno questo reddito nei prossimi 30 anni?

In conclusione esprimiamo tutta la nostra preoccupazione per la strada intrapresa con questa riforma e chiediamo un’apertura da parte dei vertici Inarcassa per confrontarci e cercare di porre dei correttivi, ove sia possibile, per limitare le difficoltà degli iscritti e  riequilibrare le disparità evidenziate nei punti precedenti.

In assenza di questo siamo certi che invece di inseguire la stabilità dei conti, si avrà a che fare con una recessione dei redditi e delle iscrizioni alla Cassa, e di conseguenza alla salute della Cassa stessa, ancora più profonda di quella che stiamo affrontando.

 

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